The perfect candidate, di Haifaa Al Mansour

Il mondo degli uomini vorrebbe il loro silenzio ma la forza e l'audacia di una donna coraggiosa accendono la speranza in un futuro diverso.

The perfect candidate, film Arabo in concorso alla 76 mostra di Venezia, grida il desiderio delle donne arabe di essere viste considerate, rispettate. Donne costrette a rimanere in casa ad accudire le mura domestiche mentre gli uomini conducono e gestiscono la cosa pubblica.

Maryam (Mila Al Zahrani), è una giovane dottoressa, cresciuta in una famiglia di artisti dagli orizzonti aperti, che deve combattere con una società maschilista che non lascia spazio nemmeno alla possibilità che una donna possa visitare un uomo. La necessità di asfaltare la strada che conduce alla clinica dove lavora, così da permettere ai molti pazienti un'assistenza migliore, la convince a candidarsi come consigliera comunale. Organizzare la campagna elettorale non sarà semplice e la costringerà ad uscire allo scoperto, a togliere il niqab, a superare le critiche dei benpensanti. Un'esperienza che farà crescere lei, la sua famiglia, le colleghe accendendo, non senza difficoltà, luci di speranza.

È interessante la scelta della regista di contrapporre, alla voce coraggiosa ma sola di Maryam, la banda musicale degli uomini nella quale suona il padre di lei che, per tutto il tempo della campagna elettorale, rimane occupata e preoccupata di allietare un pubblico con un susseguirsi di partecipati concerti. Pare di sentire l'antico "panem et circenses" dei nostri romani, perché il popolo non si preoccupi di quello che sta succedendo facendoli divertire.
La regista da una parte denuncia come la politica non si interessi di questioni di estrema concretezza, dall'altra fa notare come sia fondamentale la partecipazione delle donne nelle scelte a favore della comunità.

Purtroppo la forza e il coraggio della protagonista non bastano: Maryam viene "asfaltata" dalla sua stessa idea con un intervento del suo avversario politico che desidera più il silenzio di lei che il reale bene del popolo.

Il finale rimane come il miele di castagno, dolce: in quanto un passo avanti è stato fatto nella direzione del rispetto e della dignità, ma col retrogusto amaro: perché tante rimangono le strade da asfaltare, come molte saranno le canzoni che dovremmo ancora ascoltare.

Recensione a cura di Francesco Da Re
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